giovedì 1 settembre 2011

Capitolo Primo

La Reggia Turnàd era circondata da alberi incendiati dall’autunno. Rossi ardenti e gialli calorosi accendevano i viali lastricati di pietra, cintati da filari d’alberi scheletriti, i rami adunchi protesi verso il cielo terso. Sulle cancellate, in ferro battuto, tra gli arzigogoli dei motivi floreali, spiccava, onnipresente, il marchio del corvo e della ruota dentata. Una berlina con i colori cardinalizi sulle portiere, varcò la soglia della proprietà sollevando vortici di foglie morte, costringendo alcuni dei giardinieri a riprendere in mano i rastrelli per ripulire il vialone principale. In segno di benevolenza e di scuse, una mano ingioiellata elargì benedizioni nell’aria, rivolte agli zelanti lavoratori, sporgendo delicatamente dal finestrino posteriore dell’autovettura. Il veicolo si arrestò delicatamente di fronte alla scalina dell’ingresso; due servitori in livrea rossa e guanti bianchi si premurarono di aprire la portiera e accompagnare il visitatore in casa. Il Cardinale Viro Brunello Zock si lasciò guidare evitando troppe formalità e, una volta annunciato al padrone di casa, permise ai due maggiordomi di baciargli l’anello col grosso turchese incastonato che portava all’anulare destro. Il contatto delle labbra dei due giovani prostrati ai suoi piedi, gli provocò un delizioso fremito di piacere, che scivolava languidamente in una sottile scossa sensuale, con brividi carezzevoli lungo la schiena massiccia.
Monsignore?- la possente voce di Gualtiero Turnàd rimbombò dallo studio; l’interrogativo insito nell’appellativo che gli aveva rivolto, sottintendeva un invito informale e il cardinale scivolò nella sala con passi lenti e solenni, quasi incorporei. Erano i passi di chi possedeva una posizione solida e inattaccabile, di chi era abituato ad essere ascoltato in riverente silenzio e servito con cura. Dentro, da un finestrone panoramico, che regalava una visione sontuosa del parco della reggia, filtrava una luce calda. Zock esitò, ammirando le siepi tosate ad arte; quest’ultime, formavano complesse geometrie visibili soltanto dall’alto mentre lo splendore dei roseti, iniziava un declino che introduceva all’inverno. Entrando, faceva bella mostra di se, un grosso mappamondo di legno chiaro, i continenti di legno più scuro e piolini dorati che contrassegnavano le attività Turnàd-Zock. Esse contrassegnavano tutto il continente d’Aurea. Sotto la finestra, era posta un’imponente scrivania intarsiata e dietro, seduto su uno scranno con cuscini di velluto, Gualtiero attendeva la visita del cugino della consorte. Indossava questi, una veste da camera di broccato sopra una camicia linda. Teneva le grosse mani pelose giunte di fronte a se e l’accenno di un sorriso sulla bocca larga.- Monsignore.- ripetè, stavolta in segno di saluto. Bruno andò lui in contro con un fruscio di vesti porporine. Gualtiero si alzò in piedi e baciò a sua volta l’anello del cardinale, indicandogli dopo, con un cenno, la poltroncina adiacente. Zock corrispose l’invito e si sedette, le gambe accavallate, le mani intrecciate sul grembo tondeggiante. -La sua presenza è un onore, monsignore.- esordì Gualtiero. -Ho accettato con sommo piacere il suo invito, non solo come persona di gran valore ma anche e soprattutto per l’affetto che nutro per il marito della mia amata cugina. Siamo una sola famiglia e la famiglia, come insegna la Sacra Enciclopedia di nostro Signore, è la roccaforte dalla quale inizia il cammino della nostra beatitudine.- fece una pausa e proseguì: - Catechismi a parte, a che cosa devo il tuo gradito invito?- Gualtiero indugiò contemplando gli stucchi del soffitto e il marchio Turnàd che si ripeteva sul rosone centrale, sulle imbottiture delle poltrone, divani e scranni e sul vetro della lampada da tavolo che illuminava lo scrittoio.- Volevo parlare di fede con lei, monsignore. -Hai dei turbamenti? Dei dubbi?- la voce del religioso esprimeva una scrupolosa preoccupazione, gli occhietti porcini stretti in fessure umidicce.- Certo, parla pure, confidati. -Naturalmente rimarrà tutto tra me e lei, come una confessione. -Naturalmente.- assentì Zock, premuroso.- Hai la parola di un alto prelato della Suprema Chiesa Cattolica Draconiana.- Gualtiero accennò un secondo sorriso portando le mani a palme giunte sotto il labbro inferiore: - Vede, monsignore, ultimamente ho riflettuto molto sulla mia condizione d’uomo di potere, soprattutto da quando ho visitato l’ultimo stabilimento che ho costruito. La fabbrica Moloch, in Kapekia. -Tutta la stampa aurea ne parla. Un’opera titanica. -Titanica, certo. Vi lavorano duemila operai tra uomini, donne e bambini sotto contratto d’apprendistato. Sapete bene che dopo la guerra, la Kapekia è uscita povera e depressa; le razzie della soldataglia tundriana e incirlika hanno fatto precipitare il paese in uno stato d’arretratezza antico e disperato. Il mio intervento, in accordo con il Granduca Massimiliano permetterà una rinascita opportuna di questo nostro fedele alleato. -Senza dubbio alcuno.- commentò Zock.-Ma questo tuo discorso come si concilia con un problema di fede? -Sono un industriale, monsignore, e come tale, a differenza d’altri ricchi miei colleghi, ho il coraggio di ammettere con me stesso che la mia vita, la sopravvivenza stessa del mio potere, dell’agio mio e di tutta la mia famiglia, è basata sullo sfruttamento del prossimo. So bene che senza il loro lavoro, non avrei produzione e che se non imponessi i turni di dodici ore, i tempi di consegna delle commesse si dilungherebbero oltre il consentito dalle stipule. So anche che un operaio fa un lavoro duro, faticoso, pericoloso. Un operaio non potrà fare altro, specialmente da quando mio nonno Yan, riuscì ad ottenere, corrompendo il collegio dei giudici, il contratto d’apprendistato per i bambini dagli otto ai dodici anni. Questo permetteva loro frequentare una scuola ridotta, che gli insegnava a leggere, scrivere e fare conti elementari e nello stesso tempo, avere operai alla soglia della specializzazione, pronti alle mansioni più impegnative. Questo, proprio alle soglie dell’adolescenza, per usare meglio l’ardore e la forza della loro gioventù e incanalarne l’energia a fini produttivi. Sono l’erede di un sistema che è in grado di influenzare il destino di un uomo per il resto della sua vita e questo mi pare che sfiori una condizione simile a quella divina. Il Cardinale Zock udiva lo sfogo imprevisto con apparente imperturbabilità, non aveva mutato posizione e solo a tratti distoglieva lo sguardo per studiare qualche particolare dell’arredamento. Con l’ultima affermazione di Gualtiero, il religioso si concentrò sul volto dell’altro e commentò.- La Sacra Enciclopedia insegna che in ogni branco, esiste un capobranco, in ogni gregge, un pastore, in ogni tribù, un capo che guidi la collettività verso la sopravvivenza, il benessere e la gloria nel nome del Signore. Questo è anche il tuo caso, Gualtiero. La provvidenza ha voluto che tu nascessi ricco e potente e, poiché tale, il tuo destino non può esser altro che la guida, il comando. La ricchezza del tuo impero economico, diventa gloria del Sacro Impero. Dai lavoro ai sudditi e quindi garantisci loro la sopravvivenza, li metti in condizione di avere un tetto sopra la testa e pane sulla tavola. Tutto ciò rientra in quel che la sacra opera dice.- Gualtiero annuì con convinzione: - Lo so bene, monsignore, tutto quel che mi ha appena detto e molto altro ancora, mi è stato insegnato fin dalla più tenera età, ma l’Enciclopedia insegna anche il rispetto dell’uomo. Scosse lentamente il capo con un sorriso di comprensione, battè delicatamente la sua mano su quelle nervose di Gualtiero e rispose: - Sono solo apparenti incongruenze, che non rendono fede alla perfetta simmetria della logica del verbo di Nostro Signore. Tutte queste tue angosce, nascono da una serie d’interpretazioni errate, alle quali, immagino tu sia giunto dopo una personale lettura dell’Enciclopedia. -E’ così monsignore. Questi dubbi avevano iniziato a rosicchiarmi la coscienza come tarli famelici. Una sensazione opprimente che mi toglieva il sonno. -Ricordati che l’Enciclopedia va letta con prudenza, umiltà e una competente guida spirituale. Se vorrai approfondirla per ristabilire nelle giuste proporzioni la tua fede, sarò ben lieto di.. -Non mi fraintenda, monsignore. I dubbi non riguardano queste mielose sciocchezuole. Quel che io agonio, non è un’ipocrita conforto che non tenga conto di quel che io faccio al mio fratello.- Gualtiero indugiò scrutando il suo interlocutore, il cardinale appariva inespressivo e inamovibile, come una grossa statua di cera.- Cerco invece una nuova via che favorisca tutto quel che faccio e che, anzi, mi aiuti ad ottenere di più.-Il Turnàd si fece avanti, gli occhi fermi sul religioso, bramosi, addirittura famelici. Per un istante, Zock ebbe la netta sensazione di aver di fronte una fiera, un leone imperioso che intendeva ribadire la sua supremazia.- Quel che mi sto chiedendo, monsignore è, se oltre al bene ufficiale, posso sfruttare anche il male, ufficiale. -Il..Male? -Non sarebbe a suo modo una vittoria della fede, il poter assoggettare anche soltanto una particella del male che c’insidia, per fini umani? Non sarebbe una piccola vittoria del figlio di Dio?- Zock, adesso, sembrò ranicchiarsi, assumendo un atteggiamento improvvisamente circospetto, segreto. Si guardò attorno alla ricerca di spiragli, fessure, occhi od orecchie inopportuni, che non dovevano né vedere né sentire.- Qualche prelato ottuso, potrebbe interpretare queste tue parole, come una richiesta di contratto.- Gualtiero annuì con forza, ciocche ispide gli ondeggiarono sulle tempie. Sussurrò: - Siamo alle soglie di tempi portentosi, la tecnologia muterà il mondo tanto quanto la battaglia del Monte Calvo, settecento anni fa. Anche le masse si trasformano. L’aumento del benessere potrebbe creare delle..Destabilizzazioni all’interno del mio impero e, di riflesso a tutti coloro che detengono il potere. Si sta parlando di scuole obbligatorie per tutti, dell’abolizione di contratti d’apprendistato per i giovanissimi… Tutto in troppo poco tempo. Se il malcontento iniziasse a dilagare, che ne sarebbe dell’industria? Della ricchezza? Della Chiesa e di tutte le istituzioni che sorreggono il Sacro Impero? -Vedi lontano, figliolo.- esordì Zock- Lontano e con assennatezza. Toglimi una curiosità: perché proprio a me, queste affermazioni così pericolose? Che cosa ispira tutta questa fiducia verso la mia figura?- ora, sul cardinale, serpeggiava un sorriso sghembo, che lasciava intravedere il luccichìo dei denti. Gualtiero distolse lo sguardo dagli occhi del suo interlocutore e l’abbassò alle mani inanellate del cardinale. Senza dir più nulla, si alzò, camminò attorno alla scrivania fino ad inginocchiarsi al religioso; lentamente, baciò le nocche grassocce, le pietre preziose, indugiò, avvertendo a fior di labbra il fremito dell’altro. Scese verso le estremità delle dita, sondando con la punta della lingua le singole falangi. Zock iniziò ad ansimare, profondamente. Fermò la sua venerazione all’anulare destro, indugiò un istante, sollevò gli occhi verso la figura impietrita, paralizzata dai sensi e dalla schiavitù del suo piacere. Gualtiero, con delicatezza socchiuse le labbra e in silenzio, lasciò scivolare il dito prescelto nella bocca asciutta. Il cardinale tradiva ormai un eccitamento spiccatamente sensuale, sembrava anche di percepire un’erezione da sotto gli abiti talari, Gualtiero comprese che era il momento giusto. Morse. Uno scatto fulmineo della mascella, una mossa nervosa del capo, rapida come il guizzo della lingua di un camaleonte. Zock emise soltanto un gridolino stridulo, ritirando la mano amputata e ritirandosela in grembo. Gualtiero Turnàd tornò al suo posto, abbandonò la schiena contro l’imbottitura dello scranno. Tra i denti, sporgeva il moncherino, che recuperò prendendolo con l’indice e il pollice della mano destra. Lo esaminò con curiosità, rigirandolo come un ninnolo, poi, lo depose sopra un panno rosso. Non c’era una goccia di sangue, né sul dito, né sulla mano del cardinale, nemmeno sulle labbra di Gualtiero. Zock era raggelato in una posa scheletrita, la mano incriminata nascosta dall’altra. Seguì un lungo momento dove l’aria fra i due uomini era ferma come quella di un cimitero, dove il silenzio aveva assunto una consistenza di tale densità da essere soffocante. Solamente in un secondo tempo, analizzando quei minuti eterni, entrambi si resero conto che ciò che credevano essere il rintocco di una pendola, era il battito dei loro cuori. Gualtiero Turnàd ruppe l’incantesimo per primo e proferì una singola parola ad introduzione del suo discorso: - Ecco.- nel tono della sua voce, traspariva una voluta, malcelata soddisfazione.- Ecco la mia risposta.- con un'unghia diede un colpetto al dito che aveva appena staccato, indirizzandolo al suo appartenente.- Un’ottima protesi.- commentò- Un lavoro raffinato. In cosa lo hanno realizzato? Ceramica? No, sembra troppo opaco.. -Resina.- rispose il cardinale, apparentemente, del tutto ripreso dal piccolo grande spavento che aveva appena passato: ora il suo sguardo era freddo come quello di un predatore famelico ma paziente, la sua postura, di nuovo salda e autorevole.- Posso?- domandò indicando la falsa falange. Turnàd assentì con un cortese cenno del capo. Zock riapplicò l’estremità mancante e ritornò ad intrecciare le mani in grembo, dopo parlò: - Ho scoperto, lungo gli anni della mia carriera, che spesso, bene e male si possono conciliare. L’uomo stesso, creazione eccelsa di Nostro Signore, n’è la prova lampante. Quando il fine impone scelte drastiche, tra bene e male, con la dovuta accortezza, si possono scegliere entrambi. E’ ovviamente necessario, saper giostrare con maestria la magia opportuna. Un gioco estremamente delicato e alquanto affascinante, ma pericoloso. - Un logico compromesso. - Indubbiamente. Dio mi ha fatto conoscere i piaceri dello spirito, un demone, quelli della carne; carne giovane e tenera.- un lieve sospirò sibilò tra le labbra carnose e sporgenti del cardinale. Proseguì: - Penso che sia il limite e, nel contempo, la gran potenza del male, la sua spiccata carnalità. Sa? Un demone evocato e imprigionato possiede una tangibilità disarmante. E’ materia, fetida fin che si vuole ma pur sempre una forma solida e corposa. Come domare un animale selvatico che in cambio dona portenti. Immediati. La rapidità nell’elargire ricompense è un punto a loro favore. Gualtiero aveva stretto le mani attorno ai braccioli intarsiati del suo scranno, un’espressione risoluta gli aveva ulteriormente indurito i tratti del volto. Era simile ad un leone di pietra a guardia di un maniero. Si protese spalancando gli occhi scuri e scandendo bene le parole disse: - Cardinale. Voglio un demone da sfruttare.- sei parole. Semplici e agghiaccianti, pronunciate con una fermezza e una perentorietà che non sembravano dare addito a nessuna recriminazione. Il volere era diventato un imperativo.- E’ un onere difficile e impegnativo.- incominciò Zock.- Bisogna accettare rischi definitivi. Tutto. La propria vita, la propria famiglia, i propri averi..- tacque un secondo- L’anima. Gualtiero inarcò un sopracciglio cespuglioso: - Un alto prelato qual è lei, monsignore? Vende la sua anima rinunciando alla beatitudine della vicinanza alla luce divina? - Sa come hanno agito alcuni dei più grandi medici della nostra storia a sconfiggere le malattie che studiavano? Si erano inoculati personalmente il male ed in un secondo tempo, la cura. - Alcuni di loro sono morti nell’esperimento. - Ma ai sopravvissuti la gloria. Glielo ricordo, è un gioco definitivo: tutto o niente. Che cosa sceglie? Gualtiero accarezzò una statuina di bronzo raffigurante il suo marchio, con i polpastrelli sfregava la superficie delle ali del corvo. Interruppe quel movimento repentinamente e rispose: - Tutto. Il sole si era abbassato sull’orizzonte. Nuvole incandescenti si profilavano sopra le chiome spoglie dei boschi circostanti. Le ombre si allungavano come pennellate improvvise. Il cardinale Zock si alzò in piedi, la sua ombra sembrava uno stelo di tenebra che strisciava sul folto tappeto. - Bene, Gualtiero Turnàd. Non hai bisogno d’ulteriori referenze per entrare nel nostro circolo privato, dati il tuo nome e il mio appoggio. Dovremo formalizzare la cosa ed eseguire una piccola operazione.- mosse l’indice incriminato con un gesto birichino. Il turchese baluginò, come se ammiccasse. Gualtiero sospirò.- Quando? - Alla prossima riunione. Manderò un’auto a prenderti venerdì sera, alle undici.- Zock posò un biglietto da visita sulla scrivania.- Club Omnialudo. Un posto molto speciale. - Arrivederci, monsignore. - Arrivederci, Gualtiero Turnàd. Il Cardinale lasciò lo studio e Gualtiero si versò da bere un bicchiere di cognac; si sedette su una soffice poltrona che dava sul finestrone panoramico e da li, si godette il colore caldo della bevanda, l’aroma intenso, il sapore ardente. Rinvigorito, levò il calice al sole che stava tramontando, come un inconscio benvenuto alla notte che si stava profilando.

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